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Phèdre Fedra: Testo originale a fronte
Phèdre Fedra: Testo originale a fronte
Phèdre Fedra: Testo originale a fronte
Livre électronique170 pages1 heure

Phèdre Fedra: Testo originale a fronte

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À propos de ce livre électronique

Il capolavoro della letteratura francese. La storia della sventurata Fedra, pazza d'amore per il figlio del marito. Una storia senza tempo in una nuova vibrante traduzione. Con testo francese a fronte per un confronto diretto. 
LangueFrançais
Date de sortie8 déc. 2022
ISBN9791222032160
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    Aperçu du livre

    Phèdre Fedra - Racine Jean

    OPERAMONDOlibri

    DRAMMATURGIA

    20

    LATORRE EDITORE

    CASA EDITRICE INTERNAZIONALE

    VLE DELLA RIMEMBRANZA 23

    15067 NOVI LIGURE AL ITALY

    +39 339 22 50 40 7

    www.latorre-editore.it

    redazione@latorre-editore.it

    Dans vos viviers, dans vos étangs,

    Carpes, que vous vivez longtemps!

    Est-ce que la mort vous oublie,

    Poissons de la mélancolie.

    OPERAMONDOlibri

    LATORRE EDITORE

    JEAN RACINE

    FEDRA

    Traduzione

    Nazzareno Luigi Todarello

    FEDRA

    JEAN RACINE

    TRAD. NAZZARENO LUIGI TODARELLO

    DRAMMATURGIA 20

    LATORRE EDITORE 2020

    ITALIANO FRANCESE

    www.latorre-editore.it

    INTRODUZIONE

    Jean Racine

    Nato in una famiglia della media borghesia e rimasto orfano giovanissimo, Jean Racine (1639-1699) è allevato dai nonni e poi dalla zia, religiosa a Port-Royal. Compie i suoi studi alle Petites-Ecoles, poi al Collège Beauvais a Parigi e alle Granges a Port-Royal-des-Champs. La formazione culturale di impronta giansenista fanno di Racine un drammaturgo pienamente capace di comprendere il senso profondo del peccato e della tragedia. La sua Phèdre, uno dei grandi capolavori della letteratura francese, è una autentica tragedia 'alla greca'. La musicalità dei versi alessandrini composti da Racine, suggestionato dalla recitazione cantante della Champmeslé, fanno delle sue tragedie un modello insuperato della lingua francese.

    Il classicismo francese

    In seguito all'azione promozionale di Richelieu l'Hotel de Bourgogne vede cambiare il suo pubblico: da quello popolare dei primi venticinque anni del secolo XVII a quello colto, aristocratico e borghese. Debuttano nuovi drammaturghi, che seguono le regole classiche ribadite da Jean Chapelain, teorico ufficiale di Richelieu (Lettre sur la règle des vingt-quatre heures, 1630). Le commedie avventurose di Hardy e i primi drammi eroici di Corneille vengono sostituiti sempre più spesso dal dramma classicheggiante. Ma il teatro classicistico, che nella seconda metà del secolo raggiungerà vertici strabilianti con Racine, è il teatro di una élite guidata dalla corte, che trasforma i propri gusti raffinati in categorie estetiche. Non diventerà mai un fenomeno di massa. Hanno molto più successo di pubblico le commedie satiriche di Molière e quelle tutte azione degli italiani. Le radici del neoclassicismo erano non meno politiche che letterarie; quello di Hardy è il mondo del feudalesimo morente; riflette il brio ribelle e stravagante degli aristocratici della Fronda, che lanciavano un’ultima sfida al potere centralizzato dello stato moderno; la concezione del dramma neoclassico è quella forgiata da Richelieu e imposta da Mazzarino: l’ordine nella vita e nell’arte. (Steiner, Morte della Tragedia, Garzanti, Milano 1965, 44). Con l'ascesa al trono di Luigi XIV tutta l'organizzazione teatrale passa sotto il controllo dello stato. Il re finanzia con la propria cassa personale l'Opera, che dipende direttamente da un ministro, e tutti gli altri teatri, di cui sono sovrintendenti i Gentiluomini della Camera del Re, che controllano i regolamenti e la gestione finanziaria, dirimono le liti tra attori, ecc. La carica è molto ambita dai giovani aristocratici per amore, tra l'altro, delle attrici.

    Il capolavoro del classicismo francese

    Parigi, 1 gennaio 1677. Hôtel de Bourgogne: la Champmeslé è protagonista di Fedra, il capolavoro assoluto di Racine e del classicismo francese. Fedra è una vera grande tragedia 'degna dei Greci', in cui la musica dei versi alessandrini si fa suprema, ma anche un dramma della passione dove, come scrive Roland Barthes, sotto la purezza della lingua, le grazie dell'alessandrino, la precisione della psicologia, il conformismo della metafisica, non è difficile ritrovare le figure e le azioni dell'orda primitiva. La bellezza del testo e la bravura della protagonista non bastano a decretarne il successo. Aristocratici invidiosi della fortuna di Racine hanno comperato molti biglietti per poi lasciare le poltrone vuote. Contemporaneamente al Marais va in scena una tragedia, scritta apposta sulla stesso argomento da un certo Pradon, che ha più successo di pubblico. Ne derivano lunghe polemiche alle quali pone fine il principe di Condé. Così arriva il meritato successo.

    La tensione tragica in Racine

    In Racine c’è una tensione tremenda tra la forma classica, razionale del dramma vero e proprio e il carattere demoniaco e irrazionale della favola. Racine contrapponeva un’arte laica a un mondo mitico, arcaico o sacro. Ed è qui, a mio avviso, che il suo giansenismo gioca un ruolo importante. Al fondo della posizione giansenista sta lo sforzo di riconciliare il mondo della ragione col mistero della grazia. [...] Racine esige che il linguaggio ed i gesti di una società cartesiana esprimano favole sacre e mitologiche. Non si potrebbe esser più lontani dal mondo di Corneille; il mito basilare del dramma corneilliano è quello della storia. Racine invoca la presenza di Jehovah e il minoico Dio del sole: scatena terrori arcaici in un teatro di corte. (Steiner, Morte della Tragedia, Garzanti, Milano 1965, 65).

    Racine regista

    Racine non è solo autore, ma anche regista delle sue tragedie. In questa veste insegna alla Champmeslé una tecnica di recitazione tutta incentrata sulla musicalità dei versi che devono essere detti con pudore e nobiltà, in un linguaggio depurato, senza enfasi. Le principali caratteristiche dei versi raciniani sono la musicalità e la semplicità. Racine fa quasi cantare le parole. Quando dirige i suoi attori, ricerca una declamazione così melodiosa che il musicista Lully consiglia ai suoi cantanti di andare ad ascoltare. "Questo teatro, spiega Brunel (Histoire de la Litterature Française, Bordas, Parigi, I, 255), è una festa del linguaggio: arredi e gesti sono inutili, tutto scorre all’interno e al di sotto del linguaggio. Si è parlato di teatro da camera, di ‘tragedia-oratorio’".

    Phèdre

    Quando i nobili in servizio permanente alla corte del Re Sole sentirono per la prima volta Enone rivolgersi a Fedra chiamandola madame, avranno avvertito con un sussulto tutta l'attualità di una tragedia che, fingendo di raccontare una storia antica e favolosa, parlava del loro oggi. La corte di Luigi XIV, e tutta la società che a quella corte guardava per assumerne i comportamenti, faceva del decoro l'ideale della vita di relazione e la misura con cui valutare le persone. Racine è un uomo di Luigi XIV e conosce la vita di corte. Sa che il mancato controllo di sé è, in quel microcosmo violentemente raffinato, il più grave dei peccati. La corte di Versailles è un vero e proprio universo mondano. La cosa che più conta in questo universo, retto da rapporti fortemente gerarchizzati ma fluidamente instabili (Racine stesso proverà tra poco quanto sia facile perdere il posto conquistato nel cuore del sovrano, e di conseguenza la posizione nella piramide sociale della corte), è il pieno controllo. Chi non sa controllare i propri sentimenti è fuori dal gioco sociale. Questa è l'epoca dei sentimenti. E' l'epoca dei grandi moralisti che indagano la psicologia umana e insegnano a fare i conti con essa, insegnano cioè come fare a dominare le passioni. La psicologia diventa una moda, non si parla d'altro. Su un fatto tutti sono d'accordo: i sentimenti, le passioni, soprattutto quelle travolgenti e sconvenienti devono essere controllate, nascoste, non dette. E' una mutazione della sensibilità che avviene in tutta Europa e che lascia segni anche in altre opere del tempo, come per esempio in Orontea (Innsbruck, 1656) di Cicognini-Cesti, l'opera lirica più rappresentata di tutto il Seicento, insieme al Giasone di Cavalli. Fedra è vittima dell'ipocrisia della società francese del secondo Seicento. Non conta l'origine greca della fabula. La Fedra di Racine è un'altra cosa. Non c'è il coro della città, non ci sono gli dei invidiosi, se non come elemento decorativo di gusto antiquario. La Fedra di Racine non muore perché ha peccato, muore perché ha parlato. Ovvero il suo peccato è aver parlato, prima con Enone e poi, sconvolta dal desiderio, con Ippolito, figlio di primo letto del marito Teseo e oggetto del suo amore. Le madames di Versailles avranno tremato seguendo sulla scena la sequela tragica di errori in cui Fedra trascina se stessa, nel tentativo sventurato di porre rimedio a quel primo errore: cercare annaspando un consiglio, una voce amica, un sollievo, una via di fuga, e poi dare ascolto senza farsi troppe domande a chi prospetta la salvezza per rendersi conto infine che, nella febbre del panico, nella ricerca disperata di afferrare una zattera, un appiglio qualunque per non annegare, gli occhi non hanno voluto vedere ciò che era impossibile non vedere e che ora è lì, chiaro e inamovibile, minaccioso come solo la semplice realtà sa essere. Per salvare se stessa Fedra ha condannato a morte colui che era senza colpa e che amava, illudendosi di essere fuori dal maledetto intrigo perché la falsa accusa di stupro è stata materialmente pronunciata da altri. Ma ora Ippolito è morto e niente potrà

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